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  • Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

     Le parole di Enrico Caruso, il più grande tenore di tutti i tempi, rivelano il legame indissolubile con la sua città natale, dove la sua straordinaria storia ebbe inizio nei vicoli di San Giovanniello agli Ottocalli: “Se mi apriste il cuore trovereste un solo immenso amore: Napoli”.

    Nei primi anni della sua vita, il giovane Enrico si guadagnava da vivere come posteggiatore nelle trattorie di Santa Lucia, dove la sua voce già attirava l’attenzione dei commensali. Il suo talento naturale e la determinazione lo portarono presto a superare la povertà dell’infanzia napoletana, trasformandolo nel primo vero divo internazionale della lirica.

    Il rapporto con il Teatro San Carlo, il tempio della lirica napoletana, rappresentò uno dei capitoli più drammatici della sua carriera. Nel 1901, già acclamato alla Scala di Milano, Caruso tornò nella sua città per esibirsi nell’Elisir d’amore di Donizetti. Quella che doveva essere la serata del trionfo si trasformò invece in un fiasco memorabile, segnando profondamente il suo rapporto con Napoli.

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Fu dopo questa delusione che il tenore napoletano trovò la sua consacrazione al Metropolitan Opera di New York. A soli 28 anni, Caruso divenne la star indiscussa del prestigioso teatro americano, dove i suoi cachet raggiunsero cifre mai viste prima. Le sue interpretazioni, in particolare nella Fedora con il celebre bacio a Lina Cavalieri, divennero leggendarie.

    La vita sentimentale del tenore napoletano fu altrettanto intensa quanto la sua carriera. Le sorelle fiorentine Ada e Rina Giachetti segnarono profondamente la sua esistenza. Ada abbandonò il marito per seguirlo e gli diede due figli, prima di lasciarlo per il loro autista. Rina, conosciuta quando aveva solo 16 anni, rimase sempre nell’ombra ad aspettarlo. Ma fu Dorothy Benjamin, giovane americana dagli occhi verdi incontrata a New York, a diventare sua moglie e a renderlo finalmente felice.

    A New York, Caruso non fu solo un cantante d’opera: divenne un’icona, un personaggio pubblico che anticipò lo star system moderno. Persino i suoi scandali, come il celebre episodio del pizzicotto a una ragazza a Central Park che gli costò una multa di 10 dollari e l’arresto, contribuirono a costruire il suo mito.

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Nonostante il successo internazionale e la vita a New York, il tenore napoletano tornava spesso nella sua città durante l’estate. Il destino volle che proprio a Napoli si concludesse la sua vita, stroncato da un’emorragia mentre era in convalescenza a Sorrento.

    L’eredità di Enrico Caruso va ben oltre le sue straordinarie interpretazioni operistiche. Fu il primo artista a comprendere l’importanza delle registrazioni, lasciandoci un patrimonio di incisioni che ancora oggi emozionano gli appassionati. La sua voce, potente e duttile, ridefinì gli standard del canto lirico, mentre la sua personalità carismatica anticipò il concetto moderno di celebrità.

    Dal vicolo San Giovanniello agli Ottocalli al Metropolitan Opera, la storia di Enrico Caruso rimane un esempio straordinario di come il talento, unito alla determinazione, possa superare ogni barriera sociale. Il posteggiatore di Santa Lucia divenne non solo il più grande tenore del mondo, ma il primo vero divo internazionale della musica, aprendo la strada a una nuova era dell’intrattenimento.

    @napolisvelata

    Enrico Caruso la Prima Superstar della Musica Enrico Caruso cambiò le regole della musica: incise dieci dischi per la Gramophone & Typewriter Company, diventando il primo artista a immortalare la sua voce per il mondo intero. Un primato che brilla accanto agli altri grandi successi di Napoli. Se l’orgoglio napoletano scorre nelle tue vene, questo video è per te! #Napoli #Cultura #Pizza #Newyork #musica @lostoricoterrone

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  • Il miracolo del San Carlo: come Napoli ricostruì il teatro più bello d’Europa in 300 giorni

    Il miracolo del San Carlo: come Napoli ricostruì il teatro più bello d’Europa in 300 giorni

    La ricostruzione in tempo record del Tatro San Carlo di Napoli, un esempio senza precedenti di eccellenza napoletana che stupì Stendhal e ancora oggi attira visitatori da tutto il mondo.

    La magnificenza del Teatro San Carlo di Napoli, il più antico teatro d’opera del mondo ancora in attività, racconta una storia di rinascita che ha dell’incredibile. Quando nel 1816 un devastante incendio lo ridusse in cenere, nessuno poteva immaginare che in soli 300 giorni sarebbe risorto più splendido di prima, diventando il teatro più bello d’Europa.

    Il Teatro San Carlo si erge maestoso accanto a Piazza del Plebiscito dal 1737, quando il Re Carlo III di Borbone decise di dare a Napoli un teatro che rappresentasse degnamente il potere regio. La sua costruzione precedette di 41 anni il Teatro alla Scala di Milano e di 55 anni la Fenice di Venezia, segnando l’inizio di un’epoca d’oro per la musica italiana.

    L’architetto Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale realizzarono un’opera monumentale in soli otto mesi, con una spesa di 75 mila ducati. La sala originale misurava 28,6 metri di lunghezza e 22,5 metri di larghezza, con 184 palchi disposti in sei ordini e un palco reale che poteva ospitare dieci persone, per una capienza totale di 1379 posti.

    La sera del 4 novembre 1737, giorno dell’onomastico del sovrano, il teatro venne inaugurato con l’Achille in Sciro di Pietro Metastasio, musicato da Domenico Sarro. Sul palco, seguendo l’usanza dell’epoca, il ruolo di Achille fu interpretato da una donna, Vittoria Tesi detta “la Moretta”, affiancata dal soprano Anna Peruzzi, “la Parrucchierina”, e dal tenore Angelo Amorevoli.

    Ma è la notte del 13 febbraio 1816 che segna una svolta drammatica nella storia del San Carlo. Un incendio divampato improvvisamente divora il teatro, riducendolo a un cumulo di macerie fumanti visibili da tutta la città. Per i Borbone è un colpo devastante al prestigio della corona, alla loro vetrina più illustre.

    Teatro San Carlo: come Napoli lo ricostruì in 300 giorni

    La reazione è immediata. Il 22 febbraio, appena dieci giorni dopo il disastro, Ferdinando IV emana un regio decreto che ordina la ricostruzione del teatro entro l’anno “nel più breve tempo possibile e nella stessa forma e decorazione”. Una sfida che sembra impossibile.

    Quattrocento uomini lavorano incessantemente per sessanta giorni solo per rimuovere le macerie. L’architetto toscano Antonio Niccolini guida un esercito di artigiani meridionali fatti affluire da tutto il Regno. Mentre Giuseppe Cammarano dipinge il nuovo velario del soffitto con “Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo”, il teatro prende forma giorno dopo giorno.

    Il costo previsto è astronomico: 450 mila ducati. Ma grazie all’abilità manageriale di Domenico Barbaja, ex garzone milanese divenuto gestore dei Regi Teatri, la spesa finale si ferma a 241 mila ducati. Un miracolo economico oltre che architettonico.

    Il 12 gennaio 1817, nel giorno del compleanno del sovrano, il nuovo Teatro San Carlo viene inaugurato. Stendhal, presente alla seconda fastosa inaugurazione, scrive parole che sono passate alla storia: “Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea”. E ancora: “La prima impressione è d’esser piovuti nel palazzo di un imperatore orientale. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita“.

    Lo spettacolo d’apertura, “Il Sogno di Partenope”, melodramma allegorico di Mayr su libretto di Urbano Lampredi, mette in scena proprio l’incendio che aveva distrutto il teatro. Una nuvola scende dal cielo tra Partenope, Apollo e Minerva, suggerendo che tutto sia stato solo un sogno. Ma la realtà supera la fantasia: in soli trecento giorni, Napoli ha realizzato l’impossibile.

    Come scrive Jean-Jacques Rousseau nel suo “Dictionnaire de Musique”: “Vuoi tu sapere se qualche scintilla brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi”. Parole che ancora oggi, dopo più di due secoli, risuonano vere.

    Oggi il Teatro San Carlo continua a incantare visitatori da tutto il mondo. La sua sala splendente di ori, sete e cristalli testimonia non solo la grandezza dell’architettura napoletana del XIX secolo, ma anche la straordinaria capacità di rinascere dalle proprie ceneri, più forte e più bella di prima.

    La ricostruzione del San Carlo in soli trecento giorni resta un record imbattuto nella storia dell’architettura teatrale europea, un simbolo di quell’eccellenza napoletana che, tra tradizione e innovazione, continua a stupire il mondo. Un miracolo che dimostra come, quando si fondono visione, competenza e determinazione, nulla è impossibile.

    Teatro San Carlo: come Napoli lo ricostruì in 300 giorni