La ricostruzione in tempo record del Tatro San Carlo di Napoli, un esempio senza precedenti di eccellenza napoletana che stupì Stendhal e ancora oggi attira visitatori da tutto il mondo.
La magnificenza del Teatro San Carlo di Napoli, il più antico teatro d’opera del mondo ancora in attività, racconta una storia di rinascita che ha dell’incredibile. Quando nel 1816 un devastante incendio lo ridusse in cenere, nessuno poteva immaginare che in soli 300 giorni sarebbe risorto più splendido di prima, diventando il teatro più bello d’Europa.
Il Teatro San Carlo si erge maestoso accanto a Piazza del Plebiscito dal 1737, quando il Re Carlo III di Borbone decise di dare a Napoli un teatro che rappresentasse degnamente il potere regio. La sua costruzione precedette di 41 anni il Teatro alla Scala di Milano e di 55 anni la Fenice di Venezia, segnando l’inizio di un’epoca d’oro per la musica italiana.
L’architetto Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale realizzarono un’opera monumentale in soli otto mesi, con una spesa di 75 mila ducati. La sala originale misurava 28,6 metri di lunghezza e 22,5 metri di larghezza, con 184 palchi disposti in sei ordini e un palco reale che poteva ospitare dieci persone, per una capienza totale di 1379 posti.
La sera del 4 novembre 1737, giorno dell’onomastico del sovrano, il teatro venne inaugurato con l’Achille in Sciro di Pietro Metastasio, musicato da Domenico Sarro. Sul palco, seguendo l’usanza dell’epoca, il ruolo di Achille fu interpretato da una donna, Vittoria Tesi detta “la Moretta”, affiancata dal soprano Anna Peruzzi, “la Parrucchierina”, e dal tenore Angelo Amorevoli.
Ma è la notte del 13 febbraio 1816 che segna una svolta drammatica nella storia del San Carlo. Un incendio divampato improvvisamente divora il teatro, riducendolo a un cumulo di macerie fumanti visibili da tutta la città. Per i Borbone è un colpo devastante al prestigio della corona, alla loro vetrina più illustre.
La reazione è immediata. Il 22 febbraio, appena dieci giorni dopo il disastro, Ferdinando IV emana un regio decreto che ordina la ricostruzione del teatro entro l’anno “nel più breve tempo possibile e nella stessa forma e decorazione”. Una sfida che sembra impossibile.
Quattrocento uomini lavorano incessantemente per sessanta giorni solo per rimuovere le macerie. L’architetto toscano Antonio Niccolini guida un esercito di artigiani meridionali fatti affluire da tutto il Regno. Mentre Giuseppe Cammarano dipinge il nuovo velario del soffitto con “Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo”, il teatro prende forma giorno dopo giorno.
Il costo previsto è astronomico: 450 mila ducati. Ma grazie all’abilità manageriale di Domenico Barbaja, ex garzone milanese divenuto gestore dei Regi Teatri, la spesa finale si ferma a 241 mila ducati. Un miracolo economico oltre che architettonico.
Il 12 gennaio 1817, nel giorno del compleanno del sovrano, il nuovo Teatro San Carlo viene inaugurato. Stendhal, presente alla seconda fastosa inaugurazione, scrive parole che sono passate alla storia: “Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea”. E ancora: “La prima impressione è d’esser piovuti nel palazzo di un imperatore orientale. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita“.
Lo spettacolo d’apertura, “Il Sogno di Partenope”, melodramma allegorico di Mayr su libretto di Urbano Lampredi, mette in scena proprio l’incendio che aveva distrutto il teatro. Una nuvola scende dal cielo tra Partenope, Apollo e Minerva, suggerendo che tutto sia stato solo un sogno. Ma la realtà supera la fantasia: in soli trecento giorni, Napoli ha realizzato l’impossibile.
Come scrive Jean-Jacques Rousseau nel suo “Dictionnaire de Musique”: “Vuoi tu sapere se qualche scintilla brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi”. Parole che ancora oggi, dopo più di due secoli, risuonano vere.
Oggi il Teatro San Carlo continua a incantare visitatori da tutto il mondo. La sua sala splendente di ori, sete e cristalli testimonia non solo la grandezza dell’architettura napoletana del XIX secolo, ma anche la straordinaria capacità di rinascere dalle proprie ceneri, più forte e più bella di prima.
La ricostruzione del San Carlo in soli trecento giorni resta un record imbattuto nella storia dell’architettura teatrale europea, un simbolo di quell’eccellenza napoletana che, tra tradizione e innovazione, continua a stupire il mondo. Un miracolo che dimostra come, quando si fondono visione, competenza e determinazione, nulla è impossibile.