Napoli non ha inventato i gelati ma li ha trasformati in un’arte, conquistando il mondo. In una città dove l’estate può essere torrida e gli abitanti hanno un innato talento per il gusto, il gelato ha trovato la sua patria ideale. Dai sorbetti delle monache ai coni dei venditori ambulanti, fino al Cornetto Algida, la storia del gelato napoletano è un viaggio tra tradizione e innovazione.
Sorbetti nell’Antichità: Le Origini del Freddo
Sin dai tempi antichi, nel Mediterraneo si cercava il fresco. Alessandro Magno conservava neve in cantine scavate, mentre Cleopatra la usava per incantare Antonio con bevande ghiacciate. Il medico arabo Avicenna intuì i benefici delle bevande fredde contro le malattie, e Plinio il Vecchio osservò che nessun animale in natura preferisce il caldo al fresco. Ma la sfida era chiara: conservare il freddo e produrlo.
A Napoli, questa storia prese forma nel ‘500 con Giovan Battista Della Porta, fisico e naturalista partenopeo, che studiò il “freddo artificiale”. Nel ‘600, i sorbetti divennero così popolari da rendere l’approvvigionamento di neve una questione pubblica: lo testimoniano nomi come Vico Neve a Materdei e Via della Neve alla Torretta. Da qui, il Sud Italia esportò il gusto del fresco in tutta Europa.

Da Sorbetto a Gelato: L’Evoluzione Napoletana
A Napoli, i sorbetti si trasformarono in gelati grazie a mani esperte, tra cui quelle delle monache dei monasteri. Dal ‘600 al ‘800, queste abili dolciere perfezionarono l’arte del freddo, mescolando neve, latte e frutta. Ma chi inventò il gelato? Non c’è un nome preciso: cuochi in tutta Europa sperimentarono, ma Napoli ne fece un simbolo.
Antonio Latini, marchigiano al servizio del Viceregno spagnolo, nel 1659 lodò i napoletani: “Pare che a Napoli ognuno nasca col genio e l’istinto di fabbricar sorbette.” Più tardi, Antonio Frugoli nel suo “Pratica e scalcarla” (1638) descrisse la “neve di latte”, un antenato cremoso del gelato moderno.

I Borbone e l’Arte del Gelato Napoletano
Quando lo zucchero divenne più accessibile, i sorbetti cedettero il passo ai gelati, e Napoli si consacrò capitale del gusto. Vincenzo Corrado, cuoco sopraffino, superò persino le cucine reali borboniche con le sue creazioni. Vito Pinto, dolciere di via Toledo, conquistò Giacomo Leopardi, che lo celebrò in un verso: “L’arte onde barone è Vito.”
Il gelato napoletano sedusse anche i viaggiatori del Grand Tour. Voltaire scrisse: “Il gelato è squisito. È un peccato che non sia illegale.” Medici dapprima scettici ne riconobbero i benefici, e autori come Parini e Rodari ne cantarono le lodi.
Il Cono Gelato: Un’Idea Partenopea
Con i venditori ambulanti, nacque un dilemma: come servire il gelato? Le prime ostie si inzuppavano rapidamente, le cialde con caramello e mandorle non reggevano. Poi, a Napoli, qualcuno arrotolò una cialda in un cono commestibile: pratico, croccante e geniale. Questa invenzione, attribuita alla creatività partenopea, cambiò il modo di gustare il gelato nel mondo.
Il Cornetto Algida: Da Spica a Icona Globale
Napoli vanta anche il Cornetto Algida, il gelato più venduto di sempre. Nato come creazione artigianale nella gelateria Spica – una cialda con cioccolato, crema di latte, granella di nocciole e una punta di cacao fuso – fu un successo immediato. Nel 1945, tre ingegneri slavi fondarono Algida a Roma, ma trasferirono la produzione a Napoli, acquistando la ricetta di Spica. Da allora, il Cornetto è diventato un’icona globale, simbolo del genio napoletano.

Perché Napoli è la Patria del Gelato?
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