Autore: Giulia Ferrara

  • Tommaso d’Aquino: Il Napoletano che Svelò il Medioevo

    Tommaso d’Aquino: Il Napoletano che Svelò il Medioevo

    Immagina un genio nato tra i castelli di Roccasecca, a pochi passi dai vivaci vicoli di Napoli, che cambiò per sempre il Medioevo. Tommaso d’Aquino, nato nel 1225, non era solo un teologo: era un napoletano, figlio del Regno di Sicilia, che portò il pensiero critico partenopeo in tutta Europa. Con la Summa Theologiae, illuminò la fede e la ragione, lasciando un’eredità che ancora risuona nei vicoli di Napoli. Scopri la sua storia, intrecciata con il cuore pulsante di Napoli.

     

    Roccasecca, 1225: Le Radici Napoletane di Tommaso d’Aquino

    Tommaso d’Aquino: Il Napoletano che Svelò il Medioevo
    Veduta del castello di Roccasecca

    Tommaso d’Aquino nacque nel 1225 nel castello di Roccasecca, a pochi chilometri da Napoli, in una famiglia nobile dei Conti di Aquino, profondamente legata alla cultura napoletana del Regno di Sicilia. Quel territorio, vicino al Vesuvio e ai mercati partenopei, fu la culla del suo spirito curioso, influenzato dalla vitalità di Napoli. A 5 anni, fu mandato all’Abbazia di Montecassino, ma Napoli rimase il suo destino: lì, all’Università degli Studi di Napoli, assorbì il fermento intellettuale dei vicoli, diventando un vero napoletano nel cuore e nella mente. Per gli appassionati di Napoli, Tommaso è un orgoglio, un figlio delle sue terre.

    Un Frate Ribelle con l’Anima Napoletana

    A 19 anni, Tommaso entrò nell’Ordine domenicano, sfidando la sua famiglia, che sognava per lui un ruolo ecclesiastico a Napoli. I suoi parenti lo imprigionarono nel castello di San Giovanni per un anno, ma la sua determinazione lo riportò nei vicoli napoletani, dove studiò sotto San Alberto Magno. Qui, il giovane napoletano fuse Aristotele con la fede cristiana, ispirato dalla tradizione ribelle e creativa di Napoli. Anche l’Inquisizione, che lo osservò con sospetto, non poté negare il suo legame profondo con la cultura partenopea.

    La Summa Theologiae: Un Capolavoro Napoletano

    Tommaso d’Aquino: Il Napoletano che Svelò il Medioevo
    Napoli nel medioevo

    Tommaso, detto “Dottore Angelico”, scrisse la Summa Theologiae, un’opera che unì ragione e fede, ispirata dalla tradizione filosofica napoletana. Nei vicoli di Napoli, tra accademie e chiese come San Domenico Maggiore, sviluppò l’idea di Dio come “primo motore immobile” e l’armonia tra scienza e religione, un’innovazione che rifletteva il fermento intellettuale partenopeo. Anche se viaggiò per l’Europa, il suo cuore rimase a Napoli, dove i suoi insegnamenti continuano a vivere nelle scuole e nei vicoli. Per i napoletani, è un simbolo di pensiero critico nato tra le sue strade.

    Un Viaggio Europeo, un Cuore Napoletano

    Tommaso viaggiò tra Parigi, Colonia e Roma, ma Napoli era il suo faro. Tornò spesso nella sua terra, influenzando l’Università degli Studi di Napoli, un’istituzione che celebra il suo contributo napoletano. Nel 1274, morì misteriosamente durante un viaggio verso il Concilio di Lione, ma la sua tomba a Tolosa conserva l’eco del suo legame con Napoli. Per i curiosi di storia, la sua eredità napoletana è un tesoro da esplorare nei vicoli partenopei.

    Tommaso d’Aquino: Il Napoletano che Svelò il Medioevo
    Tomba di San Tommaso d’Aquino

    L’Eredità di Napoli: Un Santo per i Vicoli Partenopei

    Oggi, Tommaso d’Aquino è patrono degli accademici e un faro della filosofia medievale, ma per Napoli è molto di più: un napoletano che portò il sapere oltre i confini, un figlio dei suoi vicoli. Le sue idee risuonano nelle chiese di San Domenico Maggiore e nelle accademie napoletane, tra i suoni della lingua partenopea e il profumo del Vesuvio. Nel 2025, mentre i napoletani e i curiosi di storia esplorano Napoli, Tommaso ci ricorda che la verità può nascere dai castelli di Roccasecca, vicino ai suoi vicoli. Quale altra storia napoletana ti affascina? Scopri di più su Napoli Svelata!

  • Pompei Risorge: La Regina che Svelò il Segreto del Vesuvio

    Pompei Risorge: La Regina che Svelò il Segreto del Vesuvio

    Immagina una città romana dimenticata, sepolta da ceneri e lapilli per secoli, che riemerge grazie alla passione di una regina. Pompei, distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è oggi un Patrimonio Unesco, ma chi l’ha strappata all’oblio? Non fu solo un caso: dietro la sua riscoperta c’è Carolina Bonaparte, una donna che trasformò tombaroli in archeologi e fece di Napoli il cuore di un’impresa epica. Preparati a viaggiare nel tempo, tra scavi, tesori e un sogno che ha cambiato la storia.

    Il Vesuvio Colpisce: La Fine di Pompei

    Era il 24 agosto del 79 d.C. quando il Vesuvio eruttò, seppellendo Pompei sotto 6 metri di cenere e lapilli. Case, templi, vite: tutto svanì in poche ore. Per secoli, il mondo dimenticò quella tragedia, fino a quando, nel III secolo, l’imperatore Alessandro Severo (222-235) ordinò i primi scavi. Ma lo strato di detriti era troppo spesso: il progetto fallì, e Pompei rimase un enigma sommerso.

    Primi Segni: Un Canale Rivela il Passato

    Nel 1594, durante la costruzione di un canale idrico, operai napoletani si imbatterono in qualcosa di straordinario: mura antiche, iscrizioni, monete romane. Nessuno capì che erano i resti di Pompei. Fu solo un assaggio casuale, un sussurro dal passato ignorato per altri 150 anni. Poi, nel 1748, tutto cambiò.

    I Tombaroli di Carlo di Borbone

    Nel 1748, Carlo di Borbone, re di Napoli, ordinò i primi scavi ufficiali. Ma non era scienza: era una caccia al tesoro. Squadre di “tombaroli” scavavano cunicoli sotterranei, i cosiddetti “cunicoli borbonici”, per recuperare statue, mosaici e gioielli da esporre nel Museo di Portici. Ciò che non serviva? Ricoperto o abbandonato. “Un saccheggio più che uno studio,” scrisse uno storico. Eppure, quei tunnel rivelarono al mondo che Pompei esisteva ancora.

    Scavi di Pompei: Carolina Bonaparte e la Riscoperta
    Cunicolo borbonico negli scavi di Pompei, 1748

    Carolina Bonaparte: La Regina Archeologa

    Poi arrivò lei: Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone e regina di Napoli dal 1808 al 1815 accanto a Gioacchino Murat. Appassionata di archeologia, trasformò gli scavi in un’impresa moderna, In una città con una lunga storia di fermento, come la rivolta di Masaniello e segnata dalla breve ma influente della Repubblica Napoletana.

    Carolina trasformò gli scavi in un’impresa moderna. Appena messo piede a Napoli, tracciò il perimetro della città sepolta e finanziò campagne sistematiche. “Pompei non è solo un tesoro, è la nostra storia,” disse, ordinando ai soldati di unirsi agli zappatori. Nel 1813, 532 uomini lavoravano al sito: un vero esercito della scoperta.

    Scavi di Pompei: Carolina Bonaparte e la Riscoperta
    Carolina Bonaparte, regina di Napoli e appassionata di Pompei

    Scoperte che Incantano

    Sotto la guida di Carolina, Pompei tornò alla luce. Nel Tempio di Iside trovarono amuleti che la fecero esultare; in Via dei Sepolcri, nel 1811, spuntarono 69 monete d’oro e 115 d’argento. La regina premiò gli scavatori con 150 ducati e regalò reperti ad amici e parenti. Ogni settimana visitava il sito, a volte “ritrovando” tesori appositamente rinterrati per lei. Nel palazzo reale, un mosaico di Ercolano divenne il suo trofeo personale.

    Scavi di Pompei: Carolina Bonaparte e la Riscoperta
    Monete d’oro di Pompei scoperte nel 1811

    Un Metodo Nuovo: Da Caos a Scienza

    Carolina non si limitò a scavare: volle ordine. Incaricò l’architetto François Mézois di seguire i lavori, e lui documentò tutto nel volume Le rovine di Pompei disegnate e misurate (1824), un capolavoro di disegni e incisioni. Dopo di lei, Michele Arditi introdusse un piano razionale: niente più buchi a caso, ma scavi casa per casa, lungo le strade antiche. Nacque così l’archeologia moderna.

    L’Addio di Carolina

    Nel 1815, con la caduta di Murat, Carolina dovette fuggire da Napoli. Poco prima, mostrò orgogliosa i resti di Pompei a suo fratello Girolamo e ai reali di Spagna. Come Cornelia con i suoi figli, indicava le rovine come i suoi “gioielli”. Murat fu fucilato, e lei si ritirò come Contessa di Lipona (anagramma di Napoli), ma il suo lascito sopravvisse: Pompei era viva.

    Pompei Oggi: Un Eredità Viva

    Oggi, Pompei attira milioni di visitatori e dal 1997 è Patrimonio Unesco. Esplora il sito ufficiale del Parco Archeologico di Pompei per scoprire le sue meraviglie, rese possibili da Carolina Bonaparte. Nel 2025, mentre cammini tra le sue strade, ricorda la regina che trasformò un sogno in realtà. Quale segreto di Pompei ti affascina di più? Scopri altre storie su Napoli Svelata!

  • Napoli 1799: la città che fece tremare i re (e pagò con il sangue)

    Napoli 1799: la città che fece tremare i re (e pagò con il sangue)

    La Repubblica Partenopea, quando Napoli osò sfidare i monarchi d’Europa: la straordinaria storia di intellettuali, riforme illuminate e una rivoluzione che cambiò per sempre il volto della città”.

    Nel cuore del Settecento napoletano, una rivoluzione culturale e politica cambiò per sempre il volto del Sud Italia. La Repubblica Napoletana del 1799 non fu solo un evento politico, ma il culmine di un secolo di fermento intellettuale che trasformò Napoli in uno dei centri più innovativi d’Europa.

    Questa è la storia di come filosofi, economisti e pensatori napoletani osarono sfidare il potere costituito, pagando spesso con la vita il loro sogno di libertà.

    L’Alba dell’Illuminismo Napoletano

    Il percorso verso la Repubblica partenopea iniziò molto prima del 1799. La capitale partenopea, già culla di pensatori come San Tommaso d’Aquino e Giordano Bruno, abbracciò con entusiasmo le idee illuministe provenienti dalla Francia.

    Il motto kantiano “Sapere aude” – “abbi il coraggio di conoscere” – trovò terreno fertile in una città che da secoli coltivava il pensiero critico attraverso accademie e circoli culturali attivi fin dal ‘400.

    Una Nuova Era: Il 1707 e l’Autonomia sotto gli Asburgo

    Il primo punto di svolta arrivò nel 1707, quando il trono napoletano passò agli Asburgo d’Austria sotto Carlo VI. Questo passaggio garantì al regno una parziale ma significativa autonomia.

    Come sottolineava lo storico Giuseppe Galasso, questa “ritrovata indipendenza influì profondamente sulle coscienze della nuova generazione”, aprendo la strada a un periodo di riforme e innovazioni.

    Carlo III di Borbone: Il Monarca Illuminato

    Nel 1734, l’ascesa al trono di Carlo III di Borbone segnò l’inizio di una vera e propria rinascita culturale. Sotto il suo regno, Napoli si trasformò in un centro di dibattito intellettuale di respiro europeo.

    Il regno viveva una fase di ripresa demografica ed economica, sostenuta dall’emergere di nuovi ceti sociali legati al commercio e all’agricoltura.

     La Repubblica Partenopea del 1799 che trasformò Napoli

    Gli Intellettuali che Cambiarono Napoli

    La città divenne un laboratorio di idee rivoluzionarie, anticipando persino la celebre Encyclopédie francese (1751). Figure come Bartolomeo Intieri, Antonio Genovesi e Ferdinando Galiani introdussero riforme economiche innovative.

    Genovesi, in particolare, ottenne la prima cattedra universitaria europea di Economia politica, un primato che testimonia il ruolo pionieristico di Napoli nel panorama culturale dell’epoca.

    Due Scuole di Pensiero, Un Unico Obiettivo

    Il dibattito intellettuale napoletano si articolava in due correnti principali:

    1. La corrente utopistica: Guidata da Francescantonio Grimaldi, Gaetano Filangieri e Francesco Mario Pagano, si oppose al feudalesimo promuovendo i principi di libertà e uguaglianza.
    2. La scuola genovesiana: Seguendo le idee di Antonio Genovesi, vedeva nell’istruzione e nella cultura le chiavi del progresso sociale.

    La Repubblica Partenopea del 1799: Sogno e Tragedia

    Sull’onda della Rivoluzione francese, nel 1799 Napoli proclamò la sua Repubblica. Il re Ferdinando IV, successore di Carlo III, fuggì in Sicilia. Per sei mesi, la città visse il sogno di una repubblica laica e moderna.

    Tuttavia, la controffensiva guidata dal cardinale Fabrizio Ruffo, supportata dall’artiglieria inglese, pose fine brutalmente all’esperimento repubblicano.

     La Repubblica Partenopea del 1799 che trasformò Napoli

    Il Tragico Epilogo

    La repressione che seguì alla repubblica partenopea fu spietata: su circa 8.000 prigionieri, 124 furono giustiziati, 222 condannati all’ergastolo, 322 a pene minori, 288 deportati e 67 esiliati.

    Tra le vittime c’erano alcune delle menti più brillanti del regno, come Mario Pagano, il cui unico crimine era stato sognare un Sud Italia più libero e progredito.

    I Numeri della Repressione

    • Prigionieri totali: circa 8.000
    • Condanne a morte: 124
    • Ergastoli: 222
    • Pene minori: 322
    • Deportazioni: 288
    • Esili: 67

    L’Eredità della Repubblica Partenopea

    Nonostante la sua breve durata, la Repubblica Napoletana del 1799 lasciò un’eredità duratura.

    Rappresentò il primo tentativo di creare nel Sud Italia uno stato moderno, laico e democratico, anticipando molti dei temi che sarebbero stati centrali nel Risorgimento italiano.

    @napolisvelata

    Tutti i Primati di Napoli dal 1735 al 1860 #Napoli #SSCNapoli #Cultura @lostoricoterrone

    ♬ suono originale – NapoliPiu.com – NapoliSvelata

  • Corrida a Napoli: La Storia Segreta che Nessuno ti ha Mai Raccontato

    Corrida a Napoli: La Storia Segreta che Nessuno ti ha Mai Raccontato

    La corrida a Napoli durante il viceregno spagnolo trasformò le principali piazze in arene per tori. Una tradizione che durò 150 anni e cambiò il volto della città.

    Immaginate di camminare per le strade di Napoli nel 1536. L’aria è carica di eccitazione: sta per iniziare la prima corrida mai vista in città. Un evento che segnerà l’inizio di una tradizione durata quasi 150 anni.  Le piazze napoletane si trasformarono in arene dove tori e toreador danzavano la loro pericolosa coreografia, sotto gli occhi attenti della nobiltà e del popolo.

    La Prima Corridaa Napoli: Un Regalo per l’Imperatore

    Il 3 gennaio 1536, Napoli si preparò per uno spettacolo mai visto prima. In occasione della visita dell’imperatore Carlo V, l’area di San Giovanni a Carbonara si trasformò nella prima arena per corrida della città. Questo evento segnò l’inizio di una tradizione che sarebbe durata per generazioni.

    Don Pedro de Toledo: Il Viceré che Amava i Tori

    Tra i protagonisti di questa storia emerge la figura affascinante di Don Pedro de Toledo. Non solo viceré, ma anche appassionato toreador, dimostrò il suo coraggio nell’arena fino a restare ferito durante una delle sue esibizioni. La sua passione contribuì a radicare profondamente questa tradizione nel tessuto sociale napoletano.

    Le Arene della Corrida: Una Città Trasformata

    La tauromachia napoletana non aveva un’arena fissa. Gli spettacoli si svolgevano in diverse location, ciascuna con la propria storia:

    • San Giovanni a Carbonara, dove tutto ebbe inizio
    • Largo di Palazzo (l’attuale Piazza del Plebiscito)
    • Largo di Castello, oggi Piazza del Municipio
    • Castel Nuovo, che ospitò due memorabili corride
    • Mergellina, teatro dell’ultima corrida documentata

    Momenti Indimenticabili e Tragici

    La storia della corrida napoletana è segnata da eventi memorabili e tragici. Il 16 maggio 1661, una corrida a Largo di Palazzo si concluse con un evento luttuoso, ricordando a tutti la pericolosità di questo spettacolo. Nel 1680, il 13 gennaio, la festa di San Giacomo, patrono di Spagna, fu celebrata con una grandiosa corrida a Largo di Castello.

    L’Ultima Danza con il Toro

    Il 25 agosto 1685, Mergellina ospitò quello che sarebbe stato l’ultimo spettacolo di corrida documentato, organizzato per celebrare l’onomastico della regina. Fu il canto del cigno di una tradizione che aveva caratterizzato la vita napoletana per quasi un secolo e mezzo.

    Questo periodo ha lasciato un’impronta indelebile nella storia di Napoli. La corrida rappresentava più di un semplice spettacolo: era il simbolo di una fusione culturale profonda tra Spagna e Regno di Napoli, che ha influenzato usi, costumi e tradizioni della città partenopea.

    Il sangue e la gloria: curiosità sulla corrida a Napoli

    • I tori provenivano principalmente dagli allevamenti della Terra di Lavoro
    • Le corride si svolgevano principalmente durante le feste patronali
    • La nobiltà napoletana partecipava attivamente come toreador
    • Gli spettacoli erano gratuiti per il popolo

     “La corrida napoletana rappresenta uno dei più interessanti esempi di fusione culturale nel Mediterraneo del XVI secolo” – M. A. Visceglia

    La prossima volta che passerai per Piazza del Municipio, fermati un attimo. Chiudi gli occhi. Forse riuscirai ancora a sentire il rumore della folla che incita il toreador.

    Non perdere le prossime rivelazioni sulla Napoli che non ti aspetti. Segui sempre NapoliSvelata.com.

    [Fonti]

    • M. A. Visceglia, “Il viaggio cerimoniale di Carlo V dopo Tunisi”, 2001
    • Archivio di Stato di Napoli

     

    Corrida Napoli
    Corrida a Napoli, dipinto d’epoca

     

  • Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

     Le parole di Enrico Caruso, il più grande tenore di tutti i tempi, rivelano il legame indissolubile con la sua città natale, dove la sua straordinaria storia ebbe inizio nei vicoli di San Giovanniello agli Ottocalli: “Se mi apriste il cuore trovereste un solo immenso amore: Napoli”.

    Nei primi anni della sua vita, il giovane Enrico si guadagnava da vivere come posteggiatore nelle trattorie di Santa Lucia, dove la sua voce già attirava l’attenzione dei commensali. Il suo talento naturale e la determinazione lo portarono presto a superare la povertà dell’infanzia napoletana, trasformandolo nel primo vero divo internazionale della lirica.

    Il rapporto con il Teatro San Carlo, il tempio della lirica napoletana, rappresentò uno dei capitoli più drammatici della sua carriera. Nel 1901, già acclamato alla Scala di Milano, Caruso tornò nella sua città per esibirsi nell’Elisir d’amore di Donizetti. Quella che doveva essere la serata del trionfo si trasformò invece in un fiasco memorabile, segnando profondamente il suo rapporto con Napoli.

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Fu dopo questa delusione che il tenore napoletano trovò la sua consacrazione al Metropolitan Opera di New York. A soli 28 anni, Caruso divenne la star indiscussa del prestigioso teatro americano, dove i suoi cachet raggiunsero cifre mai viste prima. Le sue interpretazioni, in particolare nella Fedora con il celebre bacio a Lina Cavalieri, divennero leggendarie.

    La vita sentimentale del tenore napoletano fu altrettanto intensa quanto la sua carriera. Le sorelle fiorentine Ada e Rina Giachetti segnarono profondamente la sua esistenza. Ada abbandonò il marito per seguirlo e gli diede due figli, prima di lasciarlo per il loro autista. Rina, conosciuta quando aveva solo 16 anni, rimase sempre nell’ombra ad aspettarlo. Ma fu Dorothy Benjamin, giovane americana dagli occhi verdi incontrata a New York, a diventare sua moglie e a renderlo finalmente felice.

    A New York, Caruso non fu solo un cantante d’opera: divenne un’icona, un personaggio pubblico che anticipò lo star system moderno. Persino i suoi scandali, come il celebre episodio del pizzicotto a una ragazza a Central Park che gli costò una multa di 10 dollari e l’arresto, contribuirono a costruire il suo mito.

    Enrico Caruso: dai vicoli di Napoli al Metropolitan, storia del tenore che conquistò il mondo

    Nonostante il successo internazionale e la vita a New York, il tenore napoletano tornava spesso nella sua città durante l’estate. Il destino volle che proprio a Napoli si concludesse la sua vita, stroncato da un’emorragia mentre era in convalescenza a Sorrento.

    L’eredità di Enrico Caruso va ben oltre le sue straordinarie interpretazioni operistiche. Fu il primo artista a comprendere l’importanza delle registrazioni, lasciandoci un patrimonio di incisioni che ancora oggi emozionano gli appassionati. La sua voce, potente e duttile, ridefinì gli standard del canto lirico, mentre la sua personalità carismatica anticipò il concetto moderno di celebrità.

    Dal vicolo San Giovanniello agli Ottocalli al Metropolitan Opera, la storia di Enrico Caruso rimane un esempio straordinario di come il talento, unito alla determinazione, possa superare ogni barriera sociale. Il posteggiatore di Santa Lucia divenne non solo il più grande tenore del mondo, ma il primo vero divo internazionale della musica, aprendo la strada a una nuova era dell’intrattenimento.

    @napolisvelata

    Enrico Caruso la Prima Superstar della Musica Enrico Caruso cambiò le regole della musica: incise dieci dischi per la Gramophone & Typewriter Company, diventando il primo artista a immortalare la sua voce per il mondo intero. Un primato che brilla accanto agli altri grandi successi di Napoli. Se l’orgoglio napoletano scorre nelle tue vene, questo video è per te! #Napoli #Cultura #Pizza #Newyork #musica @lostoricoterrone

    ♬ suono originale – NapoliSvelata – NapoliSvelata

Exit mobile version